L’organo di Valdiporro
Storia e Restauro di un Capolavoro
A cura di Riccardo Gaspari
Prefazione
Da molti secoli l’organo è lo strumento principe della musica sacra cristiana, perché il più adatto, per la maestosità del suono e la potenza richiesta dalla vastità delle chiese, sia per sostenere il canto dei fedeli e dei cori, sia per arricchire la bellezza dei riti. Per questo, come quasi tutte le parrocchie, anche quella di S.Antonio Abate di Valdiporro ha voluto fornirsi di un valido strumento, ed ha trovato questo organo Cavalletti, non nuovo e di piccole dimensioni, tuttavia elegantissimo, di sonorità argentina e potenza inaspettata che ben si combinano con l’ottima acustica della chiesa. Però, con il passare del tempo, il cumulo di polvere e lo scricchiolio dei tarli si sono aggiunti al triste declino delle cose lasciate a se stesse, con il risultato di aver sfumato il suo vero carattere. Ora lo strumento, rinato nell’intervento di restauro, ci restituisce tutto il suo splendore artistico–musicale, evidenziando la magnifica iniziativa del suo recupero che abbiamo la gioia di inaugurare. È doveroso l’ammirato elogio al M° organaro Francesco Zanin per la professionalità con la quale ha saputo condurre l’opera di restauro e il vivo ringraziamento agli enti e istituzioni che hanno finanziato i lavori. Possa questo magnifico strumento aiutare i cristiani di Valdiporro nella partecipazione attiva alla liturgia, offrendo loro l’emozione artistica, in aggiunta alla convinzione della fede e dell’amore riconoscente verso Dio: virtù che si dimostrano anche nel custodire le cose appartenenti la Sua casa.
Il Parroco
Don Giorgio Boninsegna
Introduzione
In queste poche righe, in ricordo delle grandi fatiche dei nostri Padri che mossi
da comune entusiasmo dotarono la nuova chiesa di ogni suo arredo ed abbellimento,
nel centenario dell’acquisto dell’organo Cavalletti e del suo collocamento a
Valdiporro nel 1905, riviviamo la storia e l’emozione inaugurale dopo un lungo
lavoro di ricerca e restauro durato sei anni circa.
Fosse presente ancora quel Lughezzani, zelantissimo parroco che nei suoi resoconti
esclamava solerte “Valdeporo el ghe nà sempre una!”, certamente soddisfatto del
lavoro di restauro dell’organo, avrebbe aggiunto “en fato pioar n’altra olta!” come
quella domenica 14 di Maggio 1905…
Nelle pagine a seguire troverete due sezioni distinte: la prima tratta la storia inerente
la Chiesa di Valdiporro sin dalle sue origini, (piccolo contributo alla insistente
richiesta di tutti di conoscere il nostro passato) in forma di fedele trascrizione di
due preziosissimi manoscritti conservati nell’archivio parrocchiale; la seconda
riporta tutti i dati emersi dalla ricerca storica e dal restauro dell’organo Cavalletti
1787. Il tutto nutrito da parecchie immagini fotografiche che a discrezione delle
poche notizie storiche che il corso del tempo ha rarefatto, in parte colmano le
scarse doti di chi scrive e preferisce rifarsi, piuttosto, alla schiettezza che distingue
la nostra gente, laboriosa come un tempo e lascia ai fatti parlar di sé.
Consumato qualche chilogrammo di carta e relativo inchiostro per le “normali”
prassi burocratiche e contributive, deposito volentieri nell’archivio parrocchiale
la capiente cartella “Restauro organo Cavalletti 1787” e mi unisco a tutti Voi e
al comun desiderio che d’ora in poi sia l’organo a suonare infinite pagine musicali.
Sia concesso ringraziare ancora la Regione Veneto, la Fondazione Cassa di Risparmio
di VR, VI, BL e AN, la Provincia di Verona, il Comune di Boscochiesanuova e
la Banca Popolare di Verona che con il loro sostegno economico, hanno finanziato
in totum l’intervento di restauro dell’organo parrocchiale; la Curia Vescovile, le
Soprintendenze per aver autorizzato il progetto di recupero dell’organo, della
cantoria e della vetrata; tutti i parroci che nel frattempo si sono avvicendati alla
guida della nostra parrocchia e hanno sempre sostenuto l’iniziativa.
Non meno meritevoli tutte le persone che con il loro interessamento, collaborazione
e professionalità, hanno accompagnato i 6 anni di lavoro, nutrendo con costanza,
quel sentimento che ci lega tutti alla nostra comunità e alla nostra chiesa.
Mi sia permesso raccogliere ogni Vostra soddisfazione e nel rivolgermi al M°
organaro Francesco Zanin e ai suoi collaboratori, esprimo tutto il nostro grazie
per aver tradotto i desideri, gli intenti e le fatiche scorse, in quanto meglio possa
trasmetterci l’indescrivibile meraviglia profusa da vera arte.
Riccardo Gaspari
L’ORGANO, LA SUA STORIA A VAL di PORRO
Nella seconda metà dell’800 e più precisamente dal 1848 sino alla morte avvenuta nel 1895
era parroco di Valdiporro don Bortolo Leso, intraprendente reverendo che edificò con i suoi
parrocchiani la nuova chiesa dedicata a S.Antonio Abate.
Dal 1881 gli veniva affiancato don Lughezzani G.Battista “dal Sero” in qualità di cooperatore
ed economo.
La chiesa da poco ultimata e consacrata risultava spoglia di arredi, addobbi, decori e dei due
altari laterali adiacenti l’ingresso, quindi doveva contenere poco più dell’essenziale, recuperato
in parte dal tempio precedente.
Un notevole sforzo rivolto all’acquisto di ulteriori arredi lo si ebbe verso il 1893, anno in
cui l’anziano Bortolo compiva il 50° anniversario di sacerdozio e in quel periodo si acquistarono
i candelieri dell’altare maggiore, un abito prezioso, le torce laterali, un ostensorio in ottone
argentato, la corona d’argento della Madonna,… e si costruì l’impianto della cantoria.
Non si sa per quale via il coro raggiungesse la poggiolata visto che nel 1897 venivano eseguiti
i primi lavori di rialzo del localetto, simmetricamente opposto al fonte battesimale, per
costruire le scale di accesso.
Registro fabbriceria, anno 1897, lavori e relative spese
per il rialzo del localetto a destra di chi entra.
P.S. Si aggiunga ancora alti lavori e spese fatte pel l’innalzamento
e restauro localetto a destra di chi entra per accedere alla Cantoria.- E U
Il 20 Febbraio 1897 a Pezzo Giovanni fu Giacomo per una fenestra fatta £. 8,25
“ 30 Dicembre 1896 al medesimo per condotta cantoni dati da Pezzo – £. 0,40
Il 30 Dicembre 1896 a Pezzo Domenico fu Francesco per cantoni n.15. – £. 3
Il 8 Marzo 1897 a Grobberio Domenico per segatura assi di Pero regalato da Gaspari 17,50
Il 18 Maggio “ per chiodi – lunghi – a filo per armatura – £. 0,20
Il 23 Maggio 1897 a Menegazzi Giuseppe e f.lli per lavoro – muratura £. 40,-
Il 29 Maggio 1897 pagato a Grobberio Gbattista per Quint. 43,19 di sabbia grossa- 47,19
“ “ “ “ allo stesso per Quint. 3 di sabbia d’Adige.- £. 4,80
Il 26 Luglio id. per segatura travicelli ed assi – – £. 7.20
Il 12 Settembre id. a Menegazzi Giuseppe per stabilitura di questo e dello
Schenale al banco del coro – – £. 16,80
Il 13 Giugno 1897 da Menegazzi Giuseppe e f.lli per offerta fatta
Per questo lavoro — £ 50,00
In Settembre 1897 a Gaspari Anselmo falegname per telaio, solaio-scale
chiodi, colore, vetri ecc. ec – per detto localetto £ 16,75
I lavori di falegnameria per la sua realizzazione durarono più di un anno e solo nel 1908 la
cantoria fu definitivamente terminata con la sua tinteggiatura e decorazione.
Cosa particolare è che la gran parte delle informazioni annotate con eleganza e puntigliosità
dal Lughezzani, non figurano trascritte nei registri della fabbriceria, bensì si trovano sulle
bozze dei resoconti annuali che sparsi per tutto l’archivio, fortunatamente si sono conservati.
Lo stesso dicasi per l’organo per il quale la censura ancora più severa costringeva l’inchiostro
ad un normale appunto nella scaletta degli argomenti, del tipo “-Organo!” unico promemoria
per relazionare verbalmente sull’argomento.
Dove sia nata l’idea o l’esigenza di dotarsi di un organo a canne in quel periodo, dove i nostri
antenati abbiano trovato la forza per compiere questa impresa è difficile a dirselo (come
altrettanto sarebbe ai giorni nostri …) ma Valdiporro era arrivato all’apice dell’incremento
demografico (superava gli ottocento abitanti) e in fatto di “ campanili “ è bene ricordare che
nelle vicine chiese erano presenti prestigiosi strumenti: due “Sona” uno a Roverè l’altro
monumentale a Boscochiesanuova ampliato a due tastiere dal “De Lorenzi”, un “Amigazzi”
a Erbezzo, mentre Velo veronese recuperava qualche anno prima uno strumento ceduto dalla
chiesa di S.Bernardino in Verona.
Fortunatamente uno straccio di carta, anzi di cartolina postale, proveniente da Piacenza con
sottoscritto tra l’altro un destinatario sbagliato, è depositata nella cartella “ Valdiporro “
nell’archivio Capitolare diocesano e ci svela alcuni aspetti di quella che deve essere stata una
trattativa privata d’acquisto di un organo dismesso: ”
Rev.o Sig Arciprete
L’organo c’è , il mio organista
o meglio organaro persona pratica
quanto mai è disposto fare tutto
per renderlo organo di pieno ordine.
Compreso organo e trasporto fino
a Porta Vescovo viaggio dell’organaro
e funzione sul posto
£.550 – Certamente nei giorni del
collocamento l’organaro dovrà essere
ospitato nella Canonica. Va
bene così ? Risponda quanto prima
e così saprò dire il giorno della
sua venuta. – Stia tranquillo
che farà un affarone e alla sua
bella chiesa offrirà uno strumento.
Dico – OssequiandoLa distintamente
con tutta stima – mi dico.
… Saluti a Chiesanuova.
Piacenza 7-XI-04 “
Restano sconosciuti i particolari che collegarono il nostro Lughezzani ai referenti piacentini
Bertapelle Giuseppe e un non ben firmato direttore don ….. (magari della curia vescovile),
incuriosisce anche quel “ saluti a Chiesanuova “ posto alla fine.
E’ scontato che la trattativa andò a buon termine e nei modi descritti, cioè in treno fino a
Porta Vescovo come confermano i cartigli ferroviari “FS – Alta Velocità” rinvenuti allo
smontaggio e con normale condotta da lì sino a Valdiporro.
Nel Registro delle ufficiature dal 1895 in poi, all’anno 1905, al giorno 8 di Maggio in nota
laterale con timida srittura si legge: “Arrivò l’organo da Piacenza con l’organaro Ferranti”
ed al giorno 14 di Domenica “Si fece l’inaugurazione dell’organo. – acqua”.
Dal resoconto del 6 Gennaio 1906 per il 1905.
Pel termine della Cantoria, Organo, riparazioni, collocamento,
Cassa per l’organo, ed altre cose che è lungo rinominarle mi limito ora a darvene il totale
della spesa. Convenendo di ritardare questo; I° perché per molti non è passato ancora il
termine prescritto per dare le loro offerte; II° perché, quand’anche tutti fossero venuti a
presentare il loro obbolo, bisognerebbe tener ancora aperto il libro dell’entrata, perché
l’introito già fatto supera appena, appena la spesa incontrata.-
Il totale della spesa già fatta è di It. £. 1044,23
Non è tanto, quando si pensa che noi si siamo accomodati di uno strumento che fa un bel
decoro per le nostre funzioni; ma giova ancor sperare che la generosità degli ultimi ci dia
ancora un civanzo da poter proseguire nell’ultimare la cantoria dando a quella una tinta che
non sceni la sua bellezza ed eleganza. Questo è il voto… ecc, ecc.
Non indifferenti a questa ultima notazione, ci viene spontaneo pensare che quel giorno abbia
piovuto parecchio, magari dopo un periodo protratto di siccità, oppure in senso metaforico
come ancora si costuma dire “sta olta el pioe!”, esclamazione usata in genere quando si arriva
a buon termine di un intrigato lavoro; ma il dubbio stuzzicante che l’inaugurazione dell’organo
sia stata poco gradita per non dire ….
Articolo apparso su Verona Fedele
il giorno 8 maggio 1905
Ci viene subito a difesa del Nostro, il proverbio: “Nel primo dì de montagna no se fa formaio”
e il nuovo “villeggiante” non ne era certo al corrente. È pure stuzzicante l’ipotesi che trova
fondamento in quella cartolina postale e precisamente dove sta scritto “… il mio organista
o meglio organaro …. è disposto fare tutto…” secondo la quale si identificherebbe il maestro
organista di quel 14 Maggio nello stesso Ferranti e a giustificazione del quesito meteorologico,
lascerebbe pensare ad una sua “performance piuttosto acquosa”.
In realtà nulla di tutto ciò: dai giornali si apprende che in quel periodo un nubifragio,
iniziato già da parecchi giorni, aveva creato notevoli inondazioni nei fondo valle e nelle
pianure dell’est veronese, con danni ingentissimi al territorio ( sicuramente il trasporto
dell’organo da Porta Vescovo a Valdiporro non è stato tra i più asciutti …).
Sul giornale Verona Fedele di Mercoledì 10 Maggio 1905 appare un trafiletto:
Fino a qui tutto sembrava filare liscio ma se crediamo che il “Cavalletti 1787”, stanco della
chiassosa città, afosa d’estate e avvolta dalle nebbie invernali, avesse deciso di cambiare l’aria
ai suoi mantici seguendo magari la moda turistica per la quale borghesi e signorotti di città
salivano le nostre montagne in cerca di refrigerio … bèh !, ci sbagliamo di molto!
Quando sulla cartolina postale veniva offerto un organo “di pieno ordine”, bisogna intendersi
sul vero significato dell’espressione. Già provato dalle fastidiose insidie della terza età, subì
un intervento poco rispettoso dell’idea natale, effettuato dallo stesso Gaetano Ferranti e
prima di ricollocarlo a Valdiporro. Senza dilungarsi in noiose questioni e per facilitare la
comprensione, basti sapere che il periodo che iniziava con il nuovo secolo segnava un
improvviso cambiamento nella storia dell’organo italiano, sicuramente il meno positivo ed
estraneo alla sua naturale e particolare evoluzione.
Un’azione ecclesiastica riformatrice si scontrava con la prassi strumentale ed esecutiva assai
diffusa e consolidata che proponeva nei sacri templi musiche per lo più di ispirazione
operistica: gli organi ottocenteschi dotati di piatti, tamburi, timpani, tromboni, corni da
caccia, campanelli, gran cassa, …. espressione unicamente italiana nella storia dell’organo,
diventarono obbiettivo di nuovi organari emergenti, spesso estranei a sì tanta arte che in
un’azione “purificatrice” in forza del nuovo gusto mutato, li “ripulivano” di tali abbellimenti
e li modificavano spesso in modo irrimediabile.
Il nostro organetto non riuscì a scampare tutto questo, anche se appartiene ad una concezione
ancora precedente dell’organo ottocentesco e le sue modeste dimensioni che lo “riducono”
a poco più dell’essenziale, non potevano giustificare alcuna manomissione. Di questo, se ne
doveva essere accorto anche il Ferranti visto che, dopo aver sostituito la tastiera, la pedaliera,
la registreria, il mantice e parte della cassa armonica, non avendo ancora cambiato di molto
le cose, inesorabilmente pensò bene di rimediare un po’ di metallo asportando completamente
le canne del registro Cornetta Reale.
Altre “migliorie” che subivano gli strumenti in quel periodo erano inerenti al canneggio e
consistevano in pesanti, indelebili modifiche dell’intonazione:
dovevano snaturare completamente il gusto sonoro dell’intero organo.
Ciò nonostante, quelle effettuate sul nostro risultano tutto sommato limitate e fortunatamente
riconversibili ( altro motivo per il quale si discredita l’intervento poco professionale del
Ferranti ). Fortunatamente le manomissioni hanno risparmiato anche il funzionamento
dell’organo che è rimasto originale e del tipo meccanico, il più semplice ed affidabile che
esista per questo genere di strumento. Tutto questo a giustificare il fatto che ancora prima
del restauro odierno l’organo a cent’anni dalla sua installazione a Valdiporro, risultava ancora
funzionante. Tornando brevemente ai maestri organisti, è doveroso citare Leso Beniamino,
già maestro del coro che con salario annuo di 30 lire, fece risuonare l’organo per parecchi
anni a seguito dell’installazione; al tira mantice, non ben identificato, spettava la ricompensa
di 5 lire annue
Fonti storiche
– Archivio parrocchiale di Valdiporro.
– Archivio Capitolare Diocesano, cartella
Valdiporro.
– Bibblioteca Civica di Verona, Verona Fedele
annuario 1905.
Dal resoconto del 6 gennaio 1909 nota di spesa relativa all’anno precedente
per la tintura e l’indoratura della cantoria
LA CANTORIA, L’INTERVENTO
Posizionata sopra la bussola d’ingresso principale della chiesa si estende fino le pareti laterali,
inserendosi elegantemente ed armoniosamente nel contesto architettonico
del tempio di Valdiporro e ancor più, in linea con le colorazioni immaginando
la tintura murale più chiara e tenue come era originariamente al tempo
della sua costruzione.
Virtualmente sorretta da quattro mensole puramente estetiche è strutturata
da un telaio ligneo fissato a sbalzo nel muro della contro facciata ed appoggia
senza gravare sulla bussola d’ingresso più anziana di otto anni. Presenta
una balaustra con bombatura centrale ricca di cornici in rilievo,
dorature a foglia d’argento fino meccato, motivi pittorici
ornamentali nelle specchiature e raffiguranti un coro di angeli
musicanti.
Sulle due travi maestre sono presenti le seguenti iscrizioni:
“ Questa fu fatta nell’occasione che
il parroco compiva il 50 ° di sacerdozio “
“ Questa cantoria fu fatta
l’anno 1893 dai falegnami
Gaspari Anselmo e Angelo della C.da Cenise
essendo parroco Leso D. Bortolo e Coop. Lughezzani
D. GBatta di Cerro “
Dal quaderno che elenca le spese incontrate, una nota ci svela
che Anselmo, non volendo essere pagato, ricevette dal parroco
due abiti nuovi, a saldo dell’ultimo conto di 35,06 Lire.
Le sue misure spaziali raggiungono la larghezza di m 2,10 ai
lati e di m 2,70 al centro per una lunghezza complessiva da
muro a muro di m 10,50 e giustificano la finalità costruttiva
per ospitare un numeroso coro. Vi si accede attraverso le
scale del localetto simmetricamente opposto al fonte
battesimale.
E’ facile notare la sproporzione geometrica della cantoria
che potrebbe ospitare uno strumento più grande
dell’attuale, così come lo richiederebbero le esigenti
proporzioni del tempio. Per questo è stato deciso di
costruire sopra il piano di calpestio una ulteriore
pedana con altezza di un gradino e sulla quale
ricollocare l’organo restaurato.
Fin dal principio si era evidenziato lo stato di
degrado del pavimento che formato da un tavolato
di abete praticamente tarlato, sconnesso, risultava
localmente ceduto.
Conto del “Taddei”, indoratore e intagliatore di
Verona, che fà risalire al 1885 la costruzione delle
tre bussole all’interno della chiesa con autorizzazione della Soprintendenza ai Beni Architettonici
e sulla base del progetto di intervento sulle sole parti lignee dell’architetto Egle Perini,
si è proceduto alla rimozione del tavolato, alla meticolosa pulizia del telaio di supporto ed al
trattamento anti tarlo.
Fortunatamente la struttura portante si mostrava in buone condizioni e si è deciso di praticare
una botola d’ispezione nel soffitto della bussola d’ingresso, grazie al fatto che tra questa ed
il pavimento sottostante l’organo, esiste una porzione di spazio utile a permettere l’accesso,
quindi facilitare eventuali interventi futuri di manutenzione alle travature maestre.
Il nuovo pavimento è stato realizzato in larice massiccio, di spessore 30 mm, con tavole di
tredici larghezze diverse e chiodato con punte in acciaio di sezione quadrata.
Anche il locale di accesso alla cantoria ha subito un radicale restauro e rifacimento che ha
interessato la muratura, le scale ed il solaio in legno, danneggiati irrimediabilmente dalle
cospicue infiltrazioni d’acqua.
Ogni intervento è stato eseguito con metodologia, materiali e linee guida suggeriti dai
precedenti esempi, al fine di garantire oltre alla solidità e la sicurezza, il rispetto ed il ripristino
scrupoloso dell’idea iniziale.
La vetrata artistica sovrastante l’organo e raffigurante l’Agnello, è stata restaurata con
professionalità dalla ditta A. Poli, terminando così il grande lavoro di ripristino delle finestre
intrapreso anni fa da don Graziano Benetti.
Scala Cantoria
Scala Cantoria
Vecchio pavimento tarlato e localmente ceduto
Il solaio ricostruito in larice massiccio
Par ticolare del telaio in corrispondenza della bombatura
La travatura della cantoria, a vista, una volta asportato il solaio di calpestio
L’ORGANO, IL RESTAURO
Parlare di arte organaria non è certo argomento tra i più usuali e scendere a compromessi e
spiegazioni con termini tecnici significherebbe allegare un’intera antologia a queste poche
righe, magari con il risultato di perdere o stancare anche quei lettori che di tutto questo
hanno almeno una vaga idea. Per i curiosi inizio subito spiegando che sin dal principio si
era deciso di accantonare le “migliorie” novecentesche apportate dal maestro Ferranti, perché
trattandosi di una manomissione in tempi recenti, era facile discriminarle dal prezioso
materiale antico e con il quale avevano poco di che spartire. In poche parole, l’intento era
di ricostruire il Cavalletti. D’altro canto si era consapevoli che mancavano gli indizi per
capire quale fosse stata l’idea iniziale e di insieme dell’autore settecentesco; mancavano pure
gli esempi da dove poter trarre informazioni utili alla ricostruzione delle parti sostituite e
andate perse.
A sfavore si univa il fatto che in questione si trattava l’opera di un artefice estraneo al
panorama organario veronese e i riferimenti territoriali erano costretti a migrare oltre Po,
nel parmense e nel piacentino, con tutto il disorientamento che aveva accompagnato
inizialmente anche i lavori di ricerca e restauro.
Certamente al tempo dell’acquisto, Valdiporro non sapeva quale fosse l’autore e l’epoca
dell’organo che andava ad acquisire, e comunque doveva passare in secondo piano rispetto
al fatto che trattandosi di uno strumento dismesso, sarebbe rinato nei rifacimenti e nelle
migliorie apportate da Gaetano Ferranti ….
Certo è che come può succedere accidentalmente adesso, anche allora si sarà “incantato” un
tasto o rotta una molla, bloccato un pedale o forato il mantice, costringendo il “tecnico” di
turno, aperta la secreta, con bocca spalancata, occhi stretti e l’oliatore nella mano, a leggere
quel cartiglio incollato sul fondo “ Petrus Cavalletti parmensis fecit Placentiae anno 1787”.
“Mah!… Ancora pì vecio i podea torlo!”
I Cavalletti furono una grande famiglia di organari emiliani che operarono tra il ‘700 e l’800.
Il capostipite fu Giovanni Battista, padre del nostro Pietro, raffinatissimo costruttore, seminò
numerosi suoi strumenti nelle più importanti chiese del territorio e l’intensa attività svolta
a Colorno presso gli oratori regi, gli valse la nomina di “professore d’organi presso Sua Altezza
Reale”.
Di Pietro rimangono scarse notizie storiche ma è certo che lavorò spesso con il padre e gli
elogi che rivestirono di fama i suoi strumenti (uno per tutti si cita quello di S.Antonino in
Piacenza), lo collocarono certamente tra i migliori costruttori parmigiani. Per dovere di
cronaca e non solo, ricordiamo che Stefano, nipote di Giovanni, fornì nel 1821 la spinetta
a Giuseppe Verdi.
Lo strumento di Valdiporro era stato costruito precedentemente per la chiesa piacentina di
S.Uldarico la quale sul finire dell’800, assieme a quelle minori di S.Matteo, S.Filippo Neri,
S.Margherita, vennero tutte vendute od alienate per pagare i lavori di restauro di S.Pietro,
S.Brigida, S.Sepolcro, danneggiate seriamente nel periodo risorgimentale e per essere state
utilizzate a fini militari.
Contemporaneamente la comunità di detta chiesa veniva annessa a quella vicina di S.Giovanni
in Canale, dove all’anno 1904 del Giornale Attivo, si legge: “Dalla ditta Barigozzi di Milano
per la vendita di n° 3 campane già appartenenti alla Chiesa soppressa di S.Uldarico, come metallo
da fondersi L. 316,79. Ricavo di vendita del Coro e porta annessa alla sopressa Chiesa di
S.Uldarico, come da perizia di stima del falegname Martini L. 600.” ( L. 50 più dell’organo
compreso riforma e installazione a Valdiporro ….)
Attualmente la ex chiesa di S.Uldarico è adibita a sala cinematografica.
Il capitolo di S.Uldarico è oggi parzialmente depositato presso le preziose stanze archivistiche di
S.Giovanni in Canale ma non conserva dati significativi riguardanti l’organo di Pietro Cavalletti.
Da alcuni inventari si deduce che esisteva precedentemente il 1787 un piccolo organo collocato
sopra un’artistica cantoria: “Descriptio Eccle(si)e Preposituralis Sancti Uldarici Place(ntie) a D(omi)no
Preposito 1748 Ago(sto) 16 -… Poscia si è osservato sopra alla sodetta porta esservi la cantoria
che si protende da un muro all’altro laterale, di legno colorata a bronzo, con intagli e cornici messe
a oro, col suo organo di 4 registri non infisso nel muro, chiuso all’intorno di legno dello stesso colore
pure con intagli e cornici messe a oro”. Inerente al nostro emerge da un inventario
non datato la presenza di un organo in cantoria la quale risulta ridipinta a marmo nel 1869
(certamente lo stesso marmorino che decora attualmente la cassa dell’organo e che copre
l’originale tintura con sfumature sul verdechiaro); altri inventari della seconda metà
dell’ottocento citano la presenza dell’organo che versa in cattivo stato.
Se da un lato le ricerche storiche non hanno fruttato molto (a parte qualche “felice”
soggiorno a Piacenza….), su suggerimento di Oscar Mischiati, organologo di fama nazionale
e purtroppo recentemente scomparso è stato decisivo il rinvenimento a Colorno presso gli
oratori Regi, di tre esemplari conservati ancora intatti e inalterati del padre Giovanni Battista
Cavalletti. È stata subito folgorante la grande rassomiglianza con lo strumento dell’oratorio
della Duchessa titolato alla SS.Annunziata. Dallo studio di questo strumento è emerso
un idea costruttiva tipica di questa famiglia di organari emiliani, la stessa che ancora il
figlio Pietro ripropone a S.Uldarico per uno strumento di simili dimensioni.
A grandi linee è la seguente: la struttura
portante che costituisce la cassa dell’organo è suddivisa in un basamento tipo tavolo a 4
gambe chiuso da pannellature laterali sul quale è adagiato l’armadio con doppie portelle
anteriori e posteriori che racchiudono lo strumento in tutte le sue parti. I mantici sono due,
cuneiformi ed inseriti parzialmente sul retro del tavolo, l’uno a fianco dell’altro. Il loro
azionamento è del tipo a corda con carrucole. I registri non hanno divisione in bassi e soprani
e il loro azionamento è del tipo a leva con movimento orrizontale ( fa eccezione la manetta
che aziona le prime canne del registro Principale 8” dotata di incastro verso il basso) . Il
fulcro della registreria è particolarissimo con il perno che non è perpendicolare alle manette
ma è messo un po’ di traverso. Le canne sono di qualità nei materiali e lavorate con grande
precisione e maestria; a vista, l’impressione delle bocche è che siano basse ma discretamente
larghe; le anime sono leggermente dentate; tutte le canne hanno le bocche sopra il crivello.
Altro particolare non indifferente è la disposizione dei registri sul somiere che vede partendo
dalla facciata il Principale, la Voce Umana e subito dopo il ripieno che inizia con la fila più
acuta… Il somiere è di noce massiccio e scavato. La pedaliera è di una sola ottava (quella
scavezza ovviamente di 8 pedali) unita alla tastiera da fettucce di pelle.
Prima di proseguire nella descrizione del restauro è bene capire nei particolari quali
manomissioni all’organo aveva apportato il Ferranti e segnalare anche la presenza di modifiche
ed aggiunte precedenti al suo intervento, in tempi non ben definiti e da organari che restano ignoti.
Con l’avvento della riforma era prassi comune che le antiche tastiere in legno dalle svariate
misure e poco agevoli, rumorose nei movimenti, si uniformassero prendendo spesso le
sembianze di quelle usate nei pianoforti: le coperture in osso ( in avorio quella applicata dal
Ferranti ) sostituivano le pregiate essenze lignee arricchite oltre più da raffinatissimi disegni
e intagli.
La prima ottava della tastiera, del tipo corta o scavezza ( per la mancanza dei primi 4 semitoni
), veniva quindi completata, aggiungendo oltre ai tasti le corrispondenti canne mancanti del
solo registro Principale; per il resto dei registri ci si doveva accontentare di un collegamento
meccanico permanente tra i primi semitoni e quelli dell’ottava superiore ( una specie di
“terza mano” ). A dire la verità, rammento adesso che esisteva un congegno non funzionante
che scollegava queste canne del Principale, al suo disinserimento, per evitare che suonassero
assieme alle altre voci utilizzate solisticamente.
Anche la pedaliera venne sostituita con una più agevole, dotata di più pedali: da qui la
necessità di aggiungere altre canne al registro Controbassi. Compare pure un effetto sonoro
sull’ultimo pedale a destra, detto “ tamburo ” o “ rollo “.
La registreria, costituita originariamente da leve con movimento orizzontale, faceva posto
a 5 pomelli neri, a tiro, tipo quelli usati negli armonium. Il Ripieno di 5 file, riunito in un
unico registro, si azionava da un pedaletto in ottone applicato sulla destra della pedaliera.
Le canne metalliche sono state tutto sommato rispettate; solo qualche bocca rialzata ed alcuni
denti aggiunti alle anime del prospetto di facciata, mentre più grave è stata la perdita totale
del registro Cornetta Reale e la trasformazione del registro Flauto in XII in Flauto in Ottava:
le prime sono state messe in comune con l’Ottava usando dei trasporti di legno chiodati
sulla coperta, le altre sono state opportunamente allungate nel piede perché entrassero nei
fori più piccoli del crivello (ovviamente sono state spostate dalla loro posizione originale e
fortunatamente senza che venissero allargati i fori del crivello).
Per quanto riguarda la cassa armonica è evidente il fatto che le copiose aggiunte di canne
di legno di discrete dimensioni ai registri Principale e Controbassi, richiedessero una sua
maggiorazione nelle dimensioni della larghezza e della profondità: d’altra parte, queste canne
sono migrate tutte in fondo sul somiere dei Controbassi, con le relative modifiche che lascio
immaginare…. ( originariamente di 8 canne è passato ad ospitarne 20 ). Il frontale artistico
oltre ad essere stato modificato nei lati per riadattarsi alle nuove esigenze, è stato completamente
segato nella parte inferiore e un tocco di colore in più qua e là ha fatto si che si nascondessero
le preziose dorature.
L’alimentazione dell’organo è stata riproposta in un unico mantice cuneiforme con parecchie
pieghe e di grandi dimensioni; l’originale sistema di caricamento a carrucole è stato sostituito
da due pompe sottostanti e con azionamento a stanga.
In tempi precedenti, ipoteticamente nel primo ottocento e quando l’organo era ancora
alloggiato a S.Uldarico in Piacenza, si pensava di aggiungere la basseria della quale era
originariamente sprovvisto. Anche la cassa subì un ripensamento “ estetico “ consistito nella
sostituzione delle ante di chiusura frontali ( sono ancora presenti le tracce dei cardini ) con
l’attuale frontespizio artistico e dotato di tenda quaresimale.
Alla luce di quanto emerso si definiva progressivamente il progetto di riordino dell’organo:
le modifiche della riforma novecentesca andavano rimosse senza indugio ricostruendo
meticolosamente ogni parte sostituita o andata persa; tuttavia ancora un dubbio che per
forza di cose implicava una scelta, lasciava spazio a diverse soluzioni e precisamente riguardava
l’incompatibilità di mantenere i controbassi dietro l’organo, realizzare un passo d’uomo per
accedere posteriormente all’interno dello strumento, non per ultimo ripristinare l’esatto
posizionamento della manticeria con i “folli” affiancati ed inseriti sempre sul retro della cassa
compreso il sistema a carrucole per il loro azionamento.
In fin dei conti il somiere dei controbassi, una volta risistemato così come era originariamente,
alimentava solo 8 canne di basseria ( particolare che ci suggeriva anche il numero dei tasti
della pedaliera da ricostruire, cioè di una ottava C1-B8 ) e le sue dimensioni d’ingombro
rientravano perfettamente nel perimetro della cassa del Cavalletti; tra l’altro le canne di legno
dello stesso sono di buona fattura, del tutto simili nelle caratteristiche costruttive a quelle
originali del Principale Bassi. Non di minor conto il fatto che il notevole volume del tempio
di Valdiporro, in proporzione alle dimensioni dell’organo, richiede la presenza di un fondo
ben marcato. Sulla base di quanto esposto si è deciso di conservare la basseria che trattandosi
di un’aggiunta successiva doveva comunque collocarsi all’esterno della cassa dell’organo e
di alloggiare i due nuovi mantici cuneiformi, a quattro pieghe, nella versione sovrapposti a
castello sul fianco sinistro della cassa. Per il dimensionamento dei mantici, oltre alle proporzioni,
si doveva t enere conto comunque del loro posiz ionamento originale.
Intanto si procedeva nella ricostruzione della tastiera di 47 tasti Do 1-Re 5, con prima ottava
corta e interamente di noce, i modiglioni laterali traforati e lavorati nelle fogge desunte
dall’organo della SS. Annunziata: i diatonici ricoperti in bosso (proveniente da un cespuglio
di contrada Cenise di Sotto) con segnature e frontalini lavorati a chiocciola; i cromatici
ricoperti in noce ed ebano. La pedaliera a leggio è stata ricostruita in noce massiccio e consta
di 8 pedali. Il somiere è stato aperto in tutte le sue parti, impermeabilizzati i canali con colla
animale, reimpellati i 47 ventilabri e sostituite tutte le guarnizioni con pelle di capretto,
verificati i piani di scorrimento delle stecche, infine meticolosamente assemblato.
Una volta reinserito nella cassa la tastiera, la pedaliera ed il somiere si è proceduto alla
ricostruzione della registreria: recuperata la mascherina originale che il Ferranti aveva utilizzato
all’interno come supporto e guida per i nuovi comandi dei registri a pomello, è stata
posizionata nell’esatta sua sede, suggerita da indizi inequivocabili ed è stato ricostruito il
particolare fulcro delle manette. Sempre dagli esempi sono state ridimensionate le 12 manette
con movimento orizzontale, la prima con incastro verso il basso.
Il crivello in legno di pioppo, oltre ad essere reintegrato nelle parti danneggiate, è stato
tagliato longitudinalmente e pazientemente assemblato con opportuni spessori, al fine di
correggere quello stringimento causato dal tempo che comprometteva l’esatta perpendicolarità
delle canne. L’unica dicitura rinvenuta sullo stesso è “ Cornetta Reale” posta in corrispondenza
dei fori dell’ultima fila di canne (quella mancante). Sullo stesso sono presenti 8 fori non
utilizzati, probabilmente per un eventuale registro di Trigesima Terza. in forma con
particolare attenzione a quelle più malmesse della facciata le quali sono state
tutte aperte per correggere le alterazioni apportate ai labbri e alle anime. Sono
state ricostruite 11 canne del registro Flauto in XIIa e tutte le 47 del registro
Cornetta Reale rilevando il diapason delle stesse, dall’organo dell’Annunziata
ed incrociando i dati con i diametri ricavati dal crivello.
Per alimentare le prime 8 canne di legno del registro Principale, poste dietro
il somiere maestro, è stato riproposto quel sistema composto da un trasporto
che riunisce i canali in una piccola secreta, con ventilabri sul pavimento ed
azionati dai primi tasti attraverso leve a bilancere.
Tre diverse riscontrate negli 3 organi di Colorno) permette di montare i ventilabri senza
molle, con il vantaggio di non modificare più di tanto il tocco della tastiera nella zona
interessata. Tra l’altro il suggerimento è in piena sintonia con la presenza della manetta per
l’azionamento del Principale Bassi che recando il classico incastro verso il basso, deve
comandare la valvola che immette il vento nella secreta.
La tavola di riduzione della catenacciatura, in legno di pioppo, è stata completamente
smontata dei catenacci, richiusi tutti i doppi fori cechi corrispondenti all’originale sistema
di fissaggio degli strangoli ( data la grande fragilità della tavola, recante la preziosa segnatura
e la numerazione a china, si è deciso di fissare i catenacci nel sistema più comune), quindi
ricostruiti gli strangoli in ottone con piastrina in stagno, disossidate le leve, verificati i giochi
e riassemblato il tutto. Sono stati tolti i catenacci aggiunti dal Ferranti che legavano i primi
semitoni della tastiera con quelli dell’ottava superiore. La tavola della catenacciatura del
pedale è stata completamente ricostruita, come i rinvii a squadra per la trasmissione dei
movimenti della pedaliera. La cassa armonica, consolidata e reintegrata nelle parti mancanti
è stata ridimensionata nelle misure originali, adatta cioè ad ospitare esclusivamente il somiere
maestro e le prime canne di legno del registro Principale bassi. Gravemente modificata, si
riduceva in pochi reperti originali, tutti recuperati che in dettaglio constano in 4 gambe
segate dal panco del tavolo, la cintura del tavolo, parte dell’armadio superiore corrispondente
alla profondità perimetrale, il prospetto artistico privo della parte inferiore. Se ricostruire
la cassa armonica non ha destato particolari pensieri, non si può dire altrettanto del frontespizio:
è stato necessario ricostruire parte delle cornici alla base che il Ferranti aveva alterato per
inserire il grande leggio. È stata ripristinata la tendina quaresimale, mentre l’aspetto decorativo
è stato oggetto di un restauro pittorico che ha messo in evidenzia i colori, le argentature e
le dorature a foglia. In ultimo, per tentare di restituire quella continuità artistica privata
verso il basso, sono stati costruiti ai lati dello stesso, due intagli che migliorano visivamente
la sua applicazione alla cassa armonica retrostante.
Una volta terminati i lavori di laboratorio e trasportati i materiali nella chiesa di Valdiporro,
si è proceduto all’installazione dell’organo sulla cantoria dove, nel frattempo, era stata
preparata una pedana che lo rialzasse di un gradino dal piano di calpestio.
Scheda tecnica:
Organo costruito da Pietro Cavalletti nel 1787 per la Chiesa di S.Uldarico in Piacenza. Nel
1905 è stato trasportato nella Chiesa Parrocchiale di Valdiporro (VR) aggiungendo un
somiere di pedale ed operando numerose alterazioni come precedentemente descritto.
Attualmente l’organo è collocato in cantoria sopra la porta maggiore d’ingresso entro originale
cassa armonica fornita dal costruttore come consuetudine familiare, alla quale venne
sovrapposta una facciata di cassa Barocca policroma, con argentature ed elementi decorativi
in rilievo.
Somiere maestro a tiro, in legno di noce scavato con chiusure della secreta ad anta unica in
abete pressata da 4 farfalle di noce.
Ventilabri in abete con sistema di tenuta dell’aria al passaggio dei tiranti nel pavimento della
secreta costituito da semplice lista in pelle.
Crivello in legno di pioppo, telaio in abete, bocche delle canne soprastanti.
Regolo di facciata in abete.
Tastiera in noce di 47 tasti ( Do1-Re5 ) con prima ottava corta, naturali ricoperti in bosso,
frontalini in bosso lavorati a chiocciola, diesis ricoperti in noce ed ebano.
Somiere del pedale in legno di pioppo, con unica anta di chiusura pressata da 4 farfalle in
noce.
Pedaliera a leggio in noce, con 8 pedali costantemente unita alla tastiera.
Due mantici a cuneo a 4 pieghe posti a sinistra dello strumento ed azionabili con ventilatore
elettrico o manualmente per mezzo di corde e pulegge.
Condotte d’aria in abete.
Tavole di riduzione della meccanica in pioppo con catenacci in ferro legati alle tavole mediante
occhiello unico in ottone corredato di piastrina in stagno.
Comandi dei registri composti da manette in noce ad azionamento orizzontale.
Comando separato per apertura della valvola del Controbasso 16’.
Canne in legno di abete con bocche riquadrate in noce.
17 canne di facciata in stagno fino, labbri superiori a scudo, disposte a cuspide con ali
ascendenti a partire dalla nota Mi2 del registro Principale 8’. Le 2 canne laterali e quella
maggiore centrale sono elegantemente lavorate a sbalzo per la formazione di un disegno
geometrico decorativo.
Comandi dei registri
Bassi del Principale (prima ottava)
1-4 tappate, in legno
5-8 aperte, in legno
Principale
C2-Eb2 aperte, in legno
Ottava 1-4 aperte, in legno
Quinta Decima
Decima Nona
Vigesima Seconda
Vigesima Sesta
Vigesima Nona
Flagioletto
dal C#3
Flauto in XII
Cornetta Reale
Voce Umana
dal C#3
Comando separato per i Controbassi tappati ( 16’ ).
Totale canne 483, delle quali in legno 24
Disposizione dei registri sul somiere dalla facciata: Principale 8, Voce Umana, XXIX, XXVI,
XXII, XIX, Flagioletto, XV, Flauto in XII, Ottava, Cornetta Reale.
Corista 445 Hz a 29°C, pressione del vento 45 mm di colonna d’acqua, temperamento del
tipo Tartini-Vallotti.
Fonti storiche e documentarie
– Archivio parrocchiale di S.Uldarico presso S. Giovanni in Canale – Piacenza.
( ringrazio il parroco e la signora Lia Bianchini per il cortese aiuto).
– Mario Acquabona in “ L’ORGANO CAVALLETTI-ALETTI della Basilica di S.
Giovanni in Canale ” ( ringrazio l’amico Mario per le preziosissime
informazioni e per aver segnalato nel detto volume, l’organo di Valdiporro).
– Relazione tecnica di restauro – Francesco Zanin.
I s c r i z i one sul l a c a s s a de l l ’ or g ano “ A°A “
Probabilmente le iniziali corrispondono al musicista piacentino Antonio Austri (la lettera
“ o “ centrale starebbe per “ organista “.
Direttore del coro Piacentino, nel 1804 era maestro al cembalo al teatro delle Saline di
Piacenza, per passare poi “ maestro al cembalo e nel contempo istruttore de’cori “
Del teatro Municipale. In caso di coincidenza degli impegni, poteva “ nelle prove de’ cantanti
farsi supplire dal signor Austri Gaetano figlio “. nella Biblioteca Civica di Codogno si trova
un suo Libro che contiene le regole per imparare l’accompagnamento del pianoforte.
I CAVALLETTI ORGANARI
Vi t a , mo r t e e … c a p o l a v o r i .
Giovanni Battista
Figlio di Nicola a volte si firmava Ferrariensis, città dove era nato nel 1719: fu il capostipite
della famiglia di organari parmigiani. L’attività si svolse per la maggior parte nel Ducato di
Parma e Piacenza, per cui si riportano gli organi che trovarono sede in questi territori.
Residente a Piacenza, dove teneva bottega dal 1747, collaborò con don Innocente Sacchi
nel restauro dell’organo di S. Eufemia in Piacenza, apportando modifiche all’organo del
1530 di Giovanni Battista Facchetti. Nel novembre 1749 “riparò, restaurò e accordò” l’organo
di S. Maria di Campagna; nel 1751 riparò quello dell’oratorio di S. Antonio a Soragna e
nel 1758 costruì lo strumento di Bedonia, mentre nel 1760 accordò e riparò quello della
Compagnia del SS.mo di Parma. Nel 1765 costruì l’organo nuovo del santuario della SS.
Annunziata a Pontremoli (opus 24) e nel 1766 riparò quello di S. Giovanni in Canale a
Piacenza, mentre nel 1768 sistemò nella nuova parrocchiale di Soragna, aggiungendovi dei
registri, quello della chiesa di S. Giacomo che andava demolita. Nel 1770 costruì quello
della chiesa dei Servi di Guastalla ( 4 mantici, 2 tastiere di 57 tasti, 3 principali di 16 piedi,
32 controbassi, 4 flauti, 4 registri a linguella, timpani e tamburo, in tutto 36 registri con
ripieni fino alla XXXVI,…).
Notevole fu l’attività a Colorno: costruì quello dell’oratorio di Copermio, detto del casino
di caccia (1773, opus 34), quello della chiesa di S. Maria Annunziata (1775, opus 36), quello
a 2 tastiere della chiesa di S. Liborio (1777, opus 41, sostituito dall’attuale Serassi) e quello
della Madonna della Neve (1783, opus 48), dove ne esisteva un altro di autore ignoto. Questa
intensa attività gli valse il titolo di “ professore d’organi al servizio di SAR (Sua Altezza
Reale)”. Lavorò all’organo della chiesa di S. Giorgio a Monticelli d’Ongina (1768), restaurò
a Soragna quelli di S. Rocco e di Castellina, nel 1780 restaurò e ampliò quello costruito dal
Tortona a Pietroville (che nel 1790 fu sostituito da un Serassi), Nel 1778 accordò e accomodò
l’organo del convento dei Francescani di Cortemaggiore, dove nello stesso anno aveva
costruito uno strumento per la collegiata (lo stesso, dopo modifiche ottocentesche, fu venduto
alla parrocchiale di Saliceto di Cadeo, dove venne rimontato nel 1860 da Cesare Gianfrè).
Ritornò poi a Pontremoli in S. Nicolò (1782, opus 47). Sue canne d’organo sono state
rinvenute nello strumento cinquecentesco di Scurano, provenienti dalla chiesa di S. Pietro
in Parma, mentre gli è attribuito l’organo di Quirico di Trecasali. Assieme al figlio Pietro
Paolo costruì o restaurò a Piacenza gli organi di S. Maria de’ Pagani, S. Vincenzo, S. Martino
in Borgo, SS Nazzaro e Celso, S. Matteo e nel 1790, avendo come collaboratore Cesare
Bertè, provvide all’ampliamento dell’organo di S. Antonino in Piacenza. L’ultima data è
legata all’organo per la chiesa della Madonna della Spina di Brugneto di Piacenza, costruito
nel 1814.
Nicola ( Parma, 1753 – Sabbionetta,
1798 )
Figlio di Giovanni Battista, nel 1785 lavorò
all’organo della chiesa di S. Maria di
Castellina di Soragna e il 5 luglio 1786 fu
effettuato in suo favore l’ultimo pagamento
di 500 lire “quali sono per compimento
dell’intero pagamento d’un organo fatto da
me Nicola Cavalletti di Parma in detta
chiesa”: il prezzo dell’intero strumento era
stato concordato in 1300 lire. In Parma nel
1787 costruì l’organo della chiesa di S. Croce
e nel 1792 lavorò a quello dell’oratorio di S.
Bernardino, mentre nel 1798 venne retribuito
per i lavori effettuati sullo strumento della
chiesa arcipretale di Sabbionetta. Nell’A.S.Pr
(raccolta Manoscritti, b.128) è conservato il
progetto per un organo firmato Nicola
Cavalletti “Professore d’organi”. Si richiede
il materiale e si precisa la fisionomia dello
strumento, che non sappiamo per quale
chiesa fosse pensato. L’organo deve avere “le
ottave distese”, quattro mantici, tastiera di
59 tasti, 25 canne di facciata, 51 canne per
registro; precisa che occorre un anno di lavoro
e 11000 lire di spesa e che le canne
discendenti del prospetto dovranno essere
di piombo con lega di stagno di Fiandre.
Sempre nell’A.S.Pr ( Fondo Conventi e
Confraternite) l’undici agosto del 1785
Nicola Cavalletti stipula il contratto per la
costruzione di un organo corale, “che deve
servire per la chiesa interiore del R. Monastero
di S. Alessandro”. Organo di 8’ armonici,
45 tasti, 7 registri: Principale , ottava,
quintadecima, decimanona, vigesimaseconda,
vigesimasesta, flauto in duodecima per un
totale di canne 315. Somiere in noce, crivello,
pedaliera, tastatura, riduzione, mantici a
stecca doppiamente impellati. Il tutto per
Zecchini Gigliati n° 36.
Sappiamo inoltre nell’ottobre del 1779,
accomodò l’organo delle Monache di S.
Alessandro in Parma, aggiungendovi un
registro di ripieno vale a dire la vigesimasesta,
sistemato i mantici, accomodato diverse
canne, fatto due Bassi nuovi al Principale, il
tutto per Z. 315.
Pietro Paolo
Nato a Piacenza nel 1757, figlio di Giovanni
Battista, risedette a Parma. Nel 1781restaurò
e ampliò l’organo di Pianello Val Tidone e
nel 1787 costruì l’organo della chiesa di S.
Uldarico in Piacenza, strumento che nel
1904 venne ceduto alla chiesa di Valdiporro
di Boscochiesanuova, presso Verona. Sempre
nel 1786 lavorò nella Collegiata di
Fiorenzuola d’Arda restaurando il vecchio
organo per un compenso di L 4.640. Nel
1788-89 effettuò un radicale rifacimento
dell’organo di S. Maria di Campagna di
Piacenza, lavoro che venne giudicato
eccellente e duraturo: sono certamente sue
anche le canne che costituiscono la facciata
ornamentale del contro-organo in cantoria.
Lo stesso anno riparò l’organo in Cornu
Evangeli della parrocchia di Sarmato. Nel
gennaio 1790 costruì quello della basilica di
S. Agostino che fu definito un maestoso
monumento dell’arte barocca. Nello stesso
anno ebbe anche l’incarico di costruire
l’organo di S. Antonino di Piacenza,
inaugurato nel giugno 1792. Nel contratto
si legge che era “ professore d’organi
parmeggiano” e figlio del “professore d’organi
al servizio di Sua Altezza Reale”. Fu nel 1796
un suo intervento sullo strumento di
Chiaravalle della Colomba, nel 1800 nella
chiesa dell’Osservanza di Imola e nel 1817
nella cattedrale di Reggio Emilia.
Gaetano ( Piacenza, 1780 circa – …)
Figlio di Pietro Paolo, abitò in Piacenza fino
al 1796, dove lavorava assieme al padre.
Giovanni ( … – Parma, 25 aprile
1860, di anni 83 )
Forse figlio di Nicola, aveva bottega a Parma.
Nel 1805 riparò l’organo delle parrocchiale
di Sabbionetta e nel 1807 costruì quello di
Fontanelle. Nel 1810 fu interpellato, assieme
al fratello Stefano, per il restauro dell’organo
Martinenghi del 1712 che si trovava nella
chiesa di S. Stefano a Casalmaggiore: non
essendo riparabile, però, per la costruzione
di uno nuovo fu loro preferita la fabbrica
Serassi di Bergamo. Nel 1825 vennero
chiamati per procedere alla sua riparazione.
Nel 1819 restaurò l’organo dell’oratorio di
S. Antonino di Soragna, opera del 1739 di
Giuseppe Dotti. Nel 1820 costruì quello di
S. Rocco a Soragna, nel 1821 restaurò quello
di S. Maria delle Grazie di Parma, e nel 1829
costruì l’organo di mezzano Inferiore. Nel
1837 ricostruì l’organo di Antonio Poncini
Negri del 1793 nella chiesa di Sorbolo, nel
1840 venne interpellato dalla fabbriceria di
Asola e nel 1841 costruì lo strumento di
Villa Saviola nel mantovano. Alla morte del
nipote Raimondo venne invitato a terminare
i lavori iniziati nella chiesa dell’Incoronata
di Sabbionetta e nel 1842 restaurò l’organo
di S. Marcellino a Parma. In vari anni ( 1824,
1831, 1844 ) provvide a interventi vari allo
strumento di S. Cristina a Parma e nel 1854
restaurò quello di Scurano. Il 2 aprile 1833
fece una convenzione con la Cappella Reale
di Colorno, che aveva sede in S. Liborio, per
la manutenzione e l’accordatura dell’organo
Serassi: 3 volte all’anno per 130 lire da pagarsi
in 3 rate dopo il collaudo del M° Ferdinando
Robuschi. Nel 1845 costruisce assieme al
nipote Raimondo l’organo di Levata. L’8
aprile 1859 scrisse lamentando i pagamenti
sempre in ritardo, la vecchiaia e la mancanza
di lavoro: come risposta l’amministrazione
dichiarò decaduta la convenzione e lo licenziò
in tronco.
Stefano
Figlio di Nicola, risiedeva a Sabbionetta o a
Canneto sull’Oglio, lavorando spesso con il
fratello Giovanni. Nel 1814 provvidero alla
pulitura e al rifacimento di un mantice
dell’organo della parrocchia di Villarotta e
costruirono quello di S. Silvestro in provincia
di Mantova, mentre nel 1834 ristrutturarono
il Serassi n° 689 della parrocchia di Pieve di
Guastalla. Nel 1821 riparò la vecchia spinetta
che Carlo Verdi delle Roncole aveva
acquistato per il figlio Giuseppe. Non volle
essere pagato per il lavoro effettuato: “per la
buona disposizione che ha il giovinetto
Giuseppe Verdi d’imparare a suonare questo
istrumento: fu fatto di nuovo questi saltarelli
e impennati a corame e vi adatai la pedaliera
che ci ho regalato”. Così si legge dentro lo
strumento, conservato nella Casa di Riposo
per musicisti, fondata da Verdi a Milano.
Nel 1826 operò sull’organo Bossi Francesco
(1797) di Roncole Verdi vicino a Busseto
assieme al fratello Giovanni. Nel 1821 fornì
l’organo alla chiesa di S. Uldarico di Parma
e nel 1832 ne progettò uno, poi non
realizzato, per la chiesa arcipretale di
Sabbionetta. Nel 1858 costruì quello per la
chiesa di S. Maria del Quartiere di Parma.
Luigi
Forse figlio di Nicola, nacque nell’ultimo
decennio del XVIII sec. Costruì gli organi
di Albinea; Brisighella; del santuario della
B.V. di Monticino (1823); della S. Umiltà
(1827), di S. Giovanni di Dio, dell’Istituto
Righi e di S. Maria dell’Agnello a Faenza
(1837); della chiesa del Carmine a Russi
(1833); di S. Paolo a Duecenta presso
Ravenna (1838); di S. Maria a Rontana.
Raimondo
L’ultimo Cavalletti di cui abbiamo notizia
fu Raimondo (Sabbionetta, 1822 – ivi,
1847), figlio di Luigi, aveva bottega a Parma
con lo Zio Giovanni. Nel 1841 costruì
l’organo di Villa Pasquali e nel 1847 lavorava
allo strumento della chiesa dell’Incoronata
di Sabbionetta, quando l’attività fu interrotta
dal decesso prematuro.
Fonti storiche
– Sito Internet culturale Provincia di Parma.
– Mario Acquabona in “ L’ORGANO
CAVALLETTI-ALETTI in S. Giò. in Canale ”
La bottega organaria Francesco Zanin
BREVE CURRICULUM
La ditta Cav. Francesco Zanin di Gustavo Zanin di Codroipo, fondata nel 1823 da Valentino
Zanin (1797-1887) è tuttora la più antica bottega organaria esistente in Italia.
Ha sempre mantenuto una conduzione familiare tramandata da padre in figlio, attualmente
Gustavo Zanin (1930) è coadiuvato attivamente dal figlio Francesco (1956) che costituisce
la sesta generazione a partire dal Fondatore.
Sempre strettamente legata alla tradizione classica organaria, l’ultimo strumento a trasmissione
meccanica antecedente alla riforma Ceciliana risale al 1931, da molti anni opera pure nel
campo dei restauri più prestigiosi in tutta Italia.
L’esperienza di questo campo si trasmette anche ai nuovi strumenti che vengono costruiti
con materiali e tecniche in uso anticamente tanto da essere perciò richiesti anche all’estero.
Tra le opere di restauro eseguite citiamo l’organo Nacchini (1750) della Chiesa di S. Maria
dei Battuti in Treviso (al quale è stato ripristinato, secondo quanto rilevato da G. Riccati,
il temperamento originale adottato da P. Nacchini – 1/6 di comma regolare-), il grande
organo di Gandolfo da Garessio (1857) nella Chiesa Collegiata di S. Ambrogio in Alassio,
l’organo Serassi (1770) a due manuali nella Parrocchiale di Serina (BG), l’organo di Donato
del Piano (1769) nella Chiesa di S. Domenico a Palermo, l’organo di Andrea Bassi (1679)
nella Chiesa parrocchiale di Airola (BN), l’organo della Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli,
l’organo di Vincenzo Colombi (1532) nel Duomo di Valvasone (PN) (unico organo
rinascimentale veneto tuttora conservato), l’organo del Duomo di Montepulciano, gli antichi
organi delle Chiese di S. Agostino e S. Martino in Siena, gli organi del Duomo di Forlì,
l’organo Nacchini della Chiesa di S. Giorgio M. a Venezia e il Callido nella Chiesa di S.
Giuliano sempre a Venezia, il Callido/Malvestio della Cattedrale di Chioggia, il Werlè della
Basilica di S. Eustachio in Roma, oltre quaranta organi storici nello stesso Friuli-Venezia
Giulia a seguito del terremoto ivi succedutosi nel 1976 e molti altri ancora.
Tra le ultime realizzazioni ricordiamo la costruzione di un organo in stile Rinascimentale
Italiano per il Duomo di Salisburgo, l’organo in stile Veneziano per il Duomo di Spalato,
l’organo a tre manuali per la Cattedrale di Belgrado, il portativo in stile rinascimentale per
il Conservatorio Reale di Copenaghen e quello per il Mozarteum di Salisburgo, l’organo
per il Conservatorio di Novara, per la Cattedrale di Portoviejo in Ecuador e quello a tre
manuali in stile romantico della Basilica di
Aquileia, la ricostruzione (entro la monumentale cassa del 1481) di un organo in stile
rinascimentale per la Chiesa di S. Bernardino a Verona e quello per il Duomo di Monza.
Recentemente sono stati ultimati gli organi in stile Veneziano in Korea e in Giappone.
L’Organo Restaurato
solo una grande passione unita ad una buona dose di saggezza, spinge ha recuperare questo importante patrimonio storico. La testimonianza del passato è il presupposto per guardare al futuro con una visione più completa. Se sappiamo da dove veniamo, viviamo meglio anche il presente. Complimenti